Il filo grafico del dolore

artribune copertina
grafologia e arte
il carattere della scrittura
“Caratteri” parlanti

L’espressione del dolore attraverso una grafia è un tema a cui avvicinarsi con estrema cautela perché seppur interessante, risulta estremamente delicato da trattare;  un risultato egregio di interpretazione in tal senso, ce lo offre uno studio di progettazione grafica di Bologna che ha preparato una suggestiva copertina per un numero della rivista  “Artibune”.

In questo numero, uscito nei primi mesi dell’anno 2021, si rende omaggio a tredici grandi protagonisti della cultura scomparsi a causa della pandemia e lo si fa dedicando ad ognuno di loro una pagina sulla loro vita ed il loro lavoro; l’aspetto che, dal punto di vista prettamente grafologico, acquista un valore simbolicamente particolare, è il modo sapiente in cui attraverso l’intero panorama grafico, si sia riusciti a descrivere un contenuto senza esporlo; tutto in questo contesto suggerisce a chi lo guardi una immediata sensazione di sofferenza, di dramma, di annientamento.

Un “filo” costituisce una trama scura e pesante, una traccia dai ritocchi confusi e ripassati più volte lega tra loro tredici nomi, ne costruisce sopra ed intorno una sorta di gabbia, un involucro tetro che con gesti aggressivi, sprofonda in modo implacabile verso il basso, evocando tutti gli archetipi riconducibili ai vettori spaziali della materialità, del terreno, degli inferi, dell’oscura profondità.

Anche il “carattere” in corsivo scelto ha ottenuto efficacemente il risultato auspicato: un “carattere” fortemente angoloso, dalla pressione marcata, in un contesto rigido e privato di ogni vitale fluidità; un elenco che uniforma in modo fisso e dolente tredici nomi, tredici esseri umani inesorabilmente condannati da uno stesso tragico destino.

Una danza “angolosa” inerme di fronte al superamento delle avversioni, sofferenza, ma soprattutto destrutturazione fisica e psichica, malattia.

Un filo che lega indissolubilmente le storie di 13 grandi protagonisti della cultura, che li fissa sulla carta in maniera indelebile, perché incancellabile è l’eredità che rimane a noi che li ricordiamo, li riscopriamo, li ringraziamo. A Black Thread è un omaggio di poesia visiva a loro, che ci hanno lasciato tanto ieri e che ci lasciano un po’ più soli oggi”. Tatanka, un progetto di S. Ceradini, F. Fadani, J. Undari.

Se questo articolo ti è piaciuto, seguimi ancora sul blog …