Leonor Fini fu un’artista che riuscì a posizionarsi con le sue produzioni seducenti e conturbanti a cavallo tra il Surrealismo, l’Informale e la Pop Art, suscitando non poco scalpore per la propria personalità spregiudicata, espressa con estrema disinvoltura in un periodo ancora poco preparato ai talenti performativi femminili.
Leonor si mosse nel mondo dell’arte come la Grande Madre si muove nella natura, guidata da forze magiche ed arcane ai confini tra le dimensioni spirituali e quelle del reale; le energie femminili trasfiguranti che sprigionava, le valsero la fama di maga e di sciamana, forze che trasformava con prepotenza in opere dai tocchi suggestivi e dai sapori iniziatici.
Viaggiò molto, cambiò spesso città, ebbe modo di conoscere artisti ed intellettuali nel clima ancora troppo sordo ai richiami dell’emancipazione rivoluzionaria dominata dai perbenismi borghesi; la genialità con cui assorbì le novità del XX secolo la tenne lontana per suo volere, dai gruppi surrealisti in cui non riuscì a far apprezzare la propria creatività in tutta la sua potenza, ma la sua fu in ogni caso una ricerca artistica continua che trasse ispirazioni dal mondo neoplatonico per virare più e più volte su sé stessa alternandosi in metamorfosi dai linguaggi sempre diversi e innovatori.
Enigmatica e trasgressiva affascinò gli ambienti artistici parigini con le sue donne irreali e fantastiche protagoniste centrali nelle tele, per poi sbarcare a New York dove riscosse altrettanto successo, accompagnata dall’amico Max Ernst, uomo che le fu accanto anche nella vita privata; ma la pittura non le bastava, nuove stagioni artistiche l’aspettavano in Italia dove fu la volta del teatro a rapirne le attenzioni.
Una delle sue tematiche centrali fu la fusione tra l’universo femminile angelico e quello animale, popolato da figure enigmatiche con sembianze mitologiche, a tratti spaventose ma sempre dominate dai rimandi sotterranei dell’eros.
Novembre 2024 Silvana Piatti Grafologa esperta in Firmologia dell’arte