La Bibbia di Borso D’Este

Codice miniato

La Bibbia di Borso D’Este è un codice miniato simbolo dello splendore della Ferrara del XV secolo; l’opera, un capolavoro della miniatura rinascimentale realizzata tra il 1455 e il 1461, fu una delle imprese più straordinarie del tempo ed espressione dello sfarzo della Corte del Ducato in quell’epoca straordinaria.

La stupenda Bibbia costituisce la più studiata tra le opere conservate presso la Biblioteca Estense Universitaria nonché il codice miniato più noto del Rinascimento, pari probabilmente solo a quello di Federico da Montefeltro.

Il capolavoro su pergamena fu realizzato da un gruppo di miniatori guidati dal famoso Taddeo Crivelli allievo di Pisaniello e tra i più importanti artisti della Corte di Borso D’Este (Ferrara 1413-1471), mentre ad occuparsi delle parti scritte fu invece il copista Pietro Angelo Marone.

L’opera, che richiese circa 6 anni di lavoro, è formata da due volumi di grande formato con oltre 1000 miniature distribuite su 604 carte in pergamena, miniate su entrambe le facciate, per un totale di 1202 pagine.

Le miniature restituiscono un’immagine chiara della creatività e della ricercatezza estetica di Taddeo Crivelli e dei suoi collaboratori, ispirate allo stile rinascimentale, ma al tempo stesso già molto moderno ed impregnato di gusto gotico cortese; le architetture, scorciate in prospettiva, diventano scene di incontri dal sapore onirico e fiabesco, aderenti alla tendenza artistica, raffinata ed elegante, della Corte Ferrarese, oltre a rappresentare il simbolo di quella cultura del libro che si stava diffondendo negli ambienti intellettuali estensi dell’epoca.

La Bibbia di Borso si presenta con pagine inserite dentro cornici decorate con motivi sul mondo vegetale ed il testo è disposto su due colonne; da un recente studio focalizzato proprio su questi elementi rappresentati e sino ad oggi trascurati, Elisabetta Sgarbi e Roberta Baroni Fornasiero, hanno messo in luce la perizia con cui sono state raffigurate le varietà di essenze miniate: orzo, ulivo, vite, grano ed altre coltivazioni molto conosciute in quei territori unitamente ad altre piante, fiori e frutti dalle forme stravaganti, che sono invece il risultato di un fine lavorio di fantasia, ideato al solo scopo di accompagnarne i testi.

Anche il bestiario è stato oggetto di accurati studi e che hanno portato al censimento di un numero considerevole di animali: circa 1450 reali ed altri fantastici, animali tipici dei boschi e delle paludi locali, animali oggetto di caccia e rare specie esotiche, tutti riprodotti con un elevato grado di realismo, segno che gli artisti potevano vantare una profonda conoscenza diretta di questi animali che illustravano.

Il capolavoro fu una delle imprese più costose del tempo; la somma ingente che il Duca sostenne fu difficilmente paragonabile ad altre realizzate per produzioni simili: tale progetto fu commissionato soprattutto al fine di dimostrare la grandezza ed il potere del nascente Ducato di Ferrara, nonostante i manoscritti fossero a quel tempo concepiti quasi esclusivamente come oggetti di pregio da inviare in regalo o destinati ad una dimensione privata.

Il destino della Bibbia di Borso fu comune a quello di molti altri capolavori della Corte Estense e venne successivamente trasferita a Modena, sede della nuova capitale del Ducato, sino almeno all’Ottocento.

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Grazie per aver letto questo mio articolo … Dicembre ’22