Foto-Grafia: atmosfere complementari. La mia scelta

Silvana Piatti autoritrattista
I miei autoritratti: scrivere è come fotografare

Proviamo ad addentrarci in due mondi paralleli, apparentemente piuttosto lontani, ma nella realtà estremamente coerenti fra loro, affini e complementari; il mondo dell’immagine fotografica e quello della scrittura ed esaminiamoli  per quello che di fatto sono: entrambe “spazi vuoti da riempire

Iniziamo ora a pensare di riempire questi spazi vuoti dando particolare rilievo alla parte meno evidente in essi contenuti e quindi meno visibile, ma più profonda, quell’universo di informazioni legate all’utilizzo del simbolo, visto come l’evoluzione degli archetipi conservati nelle nostre “antiche memorie” …

Ecco che si inizierà a comprendere come Il linguaggio simbolico espresso attraverso un’immagine e quello esercitato sul foglio bianco con la scrittura, procedano nella stessa direzione, partendo da presupposti identici, orientati verso uno stesso identico obiettivo: proiettare all’esterno una visione “interiore”  della realtà, guidata da percezioni, sensazioni ed emozioni personali, che non saranno mai identiche e ripetibili.

Da tempo opero e sperimento su questa integrazione con l’intento di fondere arte fotografica e arte scrittoria, utilizzarne l’essenza per veicolare i messaggi provenienti dalla parte più profonda ed inconscia del nostro essere e mettendo di evidenza come due strumenti di comunicazione universali, nascano dalla stessa fonte: il nostro “sentire”.

La sperimentazione fotografica dovrebbe sempre condurre l’individuo attraverso una ricerca tecnico-estetica in dialogo continuo con la dimensione più complessa e profonda delle sue dinamiche psicoaffettive; l’utilizzo in sinergia di questi due canali offre una nuova innovativa opportunità di approccio al “linguaggio artistico fotografico“, non soltanto come forma di espressione personale, ma anche come condizione di ricerca intima, alla base di quest’ultima, di ogni processo di crescita e potenziamento di talenti inespressi o semplicemente sopiti.

Il foglio bianco su cui scriviamo è uno spazio in cui collochiamo dei simboli e la stessa cosa accade con la fotografia: il nostro “occhio interiore” posiziona elementi esterni ed interni a noi, fissando oggetti, idee, concetti, pensieri, in modo tutt’altro che casuale, mai solamente legati a vincoli convenzionali o di tipo estetico.

Il mio lavorare parallelamente con le scritture e le immagini, soprattutto attraverso la tecnica dell’autoritratto fotografico, mi consente di sperimentare la dimensione intima attraverso uno scatto e collegarla al significato simbolico dell’utilizzo dello “spazio”;  lo considero  un reale e molto attuale campo di ricerca e di sfida.

Esistono emozioni che sfuggono al nostro controllo cognitivo, io ho scelto di dare luce e tratto soprattutto a quelle.

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