Autoritratto e Scrittura: la potenza della visione autodescrittiva

autoritratto psicologico
GRAFOABILITY
autoritratti fotografici, un modo per scrivere qualcosa su di noi

Autoritratto e scrittura: la potenza della visione autodescrittiva

La scrittura ha tra le altre, la valenza di un vero e proprio autoritratto: è l’immagine del nostro mondo interiore, descritto attraverso fisicità e mondo emozionale, descrivendo la parte più intima ed autentica della nostra individualità.

L’impatto visivo di una scrittura, così come in un autoritratto, coglie il momento in cui raffiguriamo noi stessi, ci autorappresentiamo, narra la nostra unicità nella sua interezza, l’idea di come percepiamo la nostra realtà nel mondo che ci circonda: ha una potente forza autodescrittiva.

La comunicazione con noi stessi è cosa a volte assai complessa, passa attraverso un processo di accettazione, implica conoscenza e coscienza di sé, può piacere, soddisfare, gratificare o per contro può deludere, generando frustrazioni e senso di inadeguatezza; molto spesso, in ambito grafologico, l’autore di una grafia non si riconosce più nella propria scrittura o non ne è semplicemente soddisfatto, non la sente idonea alla comunicazione con gli altri.

La stessa cosa accade con l’autoritratto, oggi raramente prodotto attraverso un dipinto, ma utilizzando la veloce pratica del selfie fotografico e la corrispondenza non è così scontata: “non mi piaccio, non sembro io, ma sono davvero così?

Una delle funzioni della scrittura è l’espressione della personalità di chi l’ha prodotta, è una fotografia di come siamo, ma anche di come pensiamo o vorremmo fossimo ed “operare” sulla nostra grafia per renderla il più coerente possibile con la reale percezione che abbiamo di noi, è sicuramente utile ed efficace nel raggiungere un buon livello di autoconsapevolezza e quindi di autostima.

Da anni opero come grafologa unendo allo studio della materia, l’esercizio con l’autoritratto fotografico: una sperimentazione che unisce scrittura ed immagine; la pratica di osservazione di una grafia sottende sempre ad un processo di “identificazione” nella persona di cui se ne devono cogliere gli aspetti caratterizzanti  e studiare se stessi a monte, pertanto, lo ritengo imprescindibile.

I percorsi di “GRAFOABILITY” (esercizi di scrittura implementati con esercizi di autoritratto fotografico) introdotti nel mio Spazio Grafologico, sono una “evoluzione”  della Grafologia tradizionale, non snaturata dalla sua più convenzionale applicazione, ma arricchita con contenuti che tengano conto dei mutamenti sociali e di comportamento attuali; sono percorsi finalizzati al recupero di una scrittura non più percepita come rappresentativa del proprio modo di essere e di “vedersi”. Imparare a “guardarsi” per “vedersi”!

psicologia dell'autoritratto; GRAFOABILITY
scritture in cornice, io sono come scrivo, io sono come mi vedo

Il “profilo” di uno dei più celebri autoritrattisti  di tutti i tempi: Vincent van Gogh

“Tali sono anche i ritratti di quello strano introvertito che fu van Gogh, sono in maggioranza autoritratti e non soltanto perché pochi acconsentivano a sottoporsi al suo occhio e alla sua mano: egli aveva un modello troppo interessante, troppo affascinante in se stesso. Così negli ultimi anni, egli dipinse e si tornò a dipingere sempre di nuovo. Fu un Narciso? Forse no. Forse comprese che non vi era oggetto di studio migliore del proprio io. Investigare, penetrare l’oggetto, quando il soggetto, almeno fisicamente, lo aveva interamente in mano, sotto il suo completo controllo, quando entrambi erano solo falsi di una medesima entità, cosa di più invitante, tentante, seducente? Così van Gogh dipinse un’immagine dopo l’altra, ogni volta sperando, attendendo, di cogliere e fissare il proprio io più vero”

tratto da “Piero della Francesca o dell’arte non eloquente” di Bernard Berenson. Pubblicazione curata da Vittorio Sgarbi

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