Il quaderno nero di Natassja

Non puoi non perdonare l'orso
Non puoi non perdonare l’orso …

Il quaderno nero viene riempito solo la notte, quando tutto si spegne e la mente di Natassja si connette con maggior facilità al richiamo degli animali: è Natassja Martin, antropologa che sul campo utilizza due taccuini diversi per le sue annotazioni, uno diurno e uno notturno che sono l’espressione della dualità che la tormenta, un’idea dell’oggettivo e del soggettivo, dell’esteriorità e dell’interiorità.

Una scrittura automatica, immediata, pulsionale, selvaggia, la cui unica vocazione è quella di rivelare ciò che la attraversa, uno stato tra corpo e spirito che finirà nelle pagine del libro “Credere allo spirito selvaggio“.

L’antropologa, durante una spedizione etnologica del 2015 sui vulcani all’estremità orientali della Siberia, viene aggredita da un orso che la ferisce gravemente al volto e ad una gamba; anche l’orso resta ferito mentre la donna riesce a difendersi colpendolo; un racconto, una viaggiatrice, una narrazione imparziale o perlomeno, la volontà di esserlo.

Le sue annotazioni di viaggio sono ciò che la donna analizza, interroga, comprende; sono pensieri intimi e specifici che sul foglio si trasformano in un evento straordinario, la contrapposizione e poi l’unione di due approcci sull’inevitabilità dell’incontro con il reale, un incontro che darà vita ad una “alleanza” tragica e profonda.

Mi isolo nella scrittura dei miei quaderni ma resta il problema di dovermi guardare allo specchio, non mi somiglio più ma nonostante ciò non mi sono mai sentita così vicina alla mia costituzione animica; scrivere è come guarire, serve a ricostruire con quel che resta di noi“.

Come dimostrano gli stralci più poetici dei quaderni, il dialogo con la belva è già avviato da tempo, l’orso materializza un limite, una parte della sua interiorità che Natassja è andata a cercare fuori di sé.

Non puoi non perdonare l’orso perché non poteva che cercare di uccidermi così come io non potevo non avventarmi su di lui quando mi è apparso di fronte all’improvviso nella nebbia, la vita comincia solo dopo essere sopravvissuta all’incontro con il reale, la vita ha il muso terribile di un orso e non c’è nessuna spiegazione per quell’incontro perché questo sono gli incontri, assurdi e privi di senso e le nostre esistenze si costituiscono solo a partire dagli eventi insensati“.

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