Breve storia della Grafologia

storia della grafologia
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Le principali correnti e scuole grafologiche.

Il Pensiero “Morettiano” e la scuola grafologica italiana.

Sin dai tempi antichi l’uomo si è interessato alla relazione che intercorre tra scrittura e caratteristiche dell’individuo.

In India, in Cina e nell’antica Grecia vengono prodotti testi contenenti le prime ipotesi riferibili al rapporto scrittura-personalità.

Sono stati nel tempo, condotti studi sistemici sulla scrittura ad opera di filosofi, medici, teologi, psicologi ed oggi, nonostante il largo impiego della tecnologia che sta sostituendo sempre maggiormente la scrittura manuale, l’attività grafica rimane uno strumento unico ed insostituibile per “studiare” le caratteristiche della personalità dell’individuo e della sua evoluzione nel tempo.

La Grafologia, di cui pochi ne conoscono i meccanismi reali, ha oggi carattere scientifico e viene considerata una scienza umana affine alla psicologia, dalla quale si distingue per principi metodologici propri e per le caratteristiche indagini di tipo tecnico.

Grafologia – Gràphein = Scrivere – Lògos = Studio.

Un primo testo ufficiale di Grafologia compare nel 1622 grazie al medico Camillo Baldo, professore dell’Università di Bologna, ma solo nella seconda metà dell’800, uno studio sistematico della scrittura, ad opera dell’abate francese Jean-Hippolyte Michon (1806-1881) porta alla nascita di una “Fondazione di Grafologia”.

La Francia da allora resta uno dei territori dove maggiormente la disciplina provoca vasta risonanza e produce copiosa letteratura in merito, viene studiata ed impiegata; tra i suoi fautori, da segnalare un altro maestro, Jules Crépieux-Jamin (1858-1940).

In Europa si sviluppano diverse scuole grafologiche; oltre che in Francia, queste sorgono in Svizzera, Germania ed Italia.

Di fondamentale importanza, l’apporto derivante dagli studi dello svizzero Max Pulver (1889-1952), del tedesco Ludwig Klages (1872-1956) e dell’italiano Padre Girolamo Moretti (1879-1963).

Padre Girolamo Moretti è il capostipite della Grafologia italiana; elaborò con grande intuito una metodologia scientifica atta a collegare i segni grafici con corrispettivi tratti intellettivi e comportamentali, arrivando ad elaborare una propria teoria sul temperamento dell’individuo.

Il suo approccio innovativo ed originale si contraddistingue per l’osservazione intesa come sintesi comportamentale psicodinamica.

Quando osservo uno scritto, vedo allo stesso tempo chi lo ha vergato, i suoi movimenti ed atteggiamenti; ogni segno grafico deve essere considerato come un gesto in azione e non nella sua forma”.

Oltre a tale visione dinamica della personalità, egli affronta uno studio olistico della “costituzione” sulla base dell’impronta morfologica, legata a tutti i movimenti e comportamenti non verbali in azione; Moretti pone l’accento sulla comprensione analogica dei segni e sulla necessità di comprendere gli stimoli inconsci che lo scrivente subisce nell’atto di scrivere traducendoli in simbolo.

Il sistema della Grafologia “Morettiana” ha fondamenti fisiosomatici, ovvero ritiene che la struttura psicosomatica dell’individuo sia coinvolta nel processo di proiezione della personalità, unitamente ai tratti che trovano espressione attraverso il simbolismo della grafia.

La scrittura arriva così a divenire l’espressione della costituzione psicofisica, dei moti interiori, della sfera pulsionale, affettiva, intellettiva di ogni singolo.

L’impostazione di tutto il suo lavoro e delle sue opere è centrata sull’unicità e irripetibilità dell’individuo, l’uomo è studiato nella sua singolarità non riconducibile a schemi o tipologie precostituite.

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